venerdì 31 agosto 2012

Viva El Clàsico

Se c' è una rivalità nel calcio che si possa definire epica è quella che contrappone il Barcelona al Real.
Da una parte i buoni, gli esteti del calcio, massimi esponenti del tikitaka, il reiterato possesso palla iberico, esempio da seguire per quanto riguarda la crescita dei giovani calciatori vedasi la tanto declamata Cantera. Dall' altra parte i cattivi, guidati dall' allenatore più antipatico degli ultimi 20 anni, ma al contempo fra i più vincenti di sempre. I cattivi non hanno la Cantera, comprano direttamente i più forti del mondo, perché è così dai tempi del loro grande presidente Santiago Bernabeu, perché così non devi pagare qualcuno che li guidi dalla panchina. I cattivi non giocano il tikitaka: sono fisicità, sventagliate precise a tagliare il campo, predominanza atletica, cinismo calcistico allo stato puro.
Sono molti gli incroci fuori dal campo fra questi 2 modi così diversi di fare calcio. Il primo che mi viene in mente riguarda Alfredo Di Stefano, uno non propriamente scarso. Ai tempi, e parliamo dei primi anni 50, il ragazzo militava nei millionarios, la più grande squadra colombiana di sempre, che trovó con i blaugrana l' accordo per cederlo in Europa. Ma, succedeva già allora, il cartellino non apparteneva completamente ai colombiani, ebbene era in quella che possiamo definire comproprietà fra i millionarios e il river plate, i millionarios d' argentina, il barca non aveva un accordo col river e in questa bagarre si infiló il Real Madrid che riuscì a trovare un accordo col river m non con il millionarios. Era il caos.
Intervenne un signore un po controverso, Francisco Franco detto El Generalisimo che con un decreto stabilì che il giocatore dovesse disputare una stagione a Madrid e una in catalogna. Un affronto. I catalani per protesta si ritirarono dalla trattativa e Di Stefano divenne il più grande di sempre, parola di Pelé, vestendo la camiseta Blanca.
In questi giorni si è disputata la doppia sfida di Supercoppa, ennesimo capitolo di questa epopea. Questa partita ha avuto un grande significato, perché ha evidenziato come certe filosfie così diametralmente opposte alle volte facciano il giro e si incontrino. Dopo i primi 10 minuti il Real era già in vantaggio di un gol: tentativo di intervento sciagurato di Mascherano, che si diletta in una spaccata degna di Anbeta Toromani dimenticandosi però di impattare il pallone, Victor Valdes alla mercè del Pipita Higuain che dopo averlo graziato pochi minuti prima lo trafigge con un tunnel.
Il mancato intervento di Mascherano è l' emblema del primo tempo catalano, offensivamente spenti e anemici di idee quanto prigionieri delle loro paure, e quelle stesse paure si riassumono in una sigla: CR7.
Il lancio dalla difesa scavalca il centro campo e il gigante Piqué trema, la sua determinazione vacilla. Ne approfitta così Ronaldo, Che con una magia di tacco porta via il pallone e si guadagna la libertà di uno stop balbettante, neanche la sfortuna può nulla contro il fenomeno che scaraventa il pallone verso la rete, valdes può solo piegare la traiettoria, il goal è inevitabile.
Il Barça è piegato,  i blancos infieriscono. Ronaldo sfugge alla marcatura di Adriano che non puó fare altro che aggrapparsi e stenderlo: il rosso inevitabile.
Eppure il Barca ha ancora qualcosa per tentare di scalfire la scintillante armatura dei cavalieri bianchi. Un Po di tikitaka, iniesta riesce ad arrivare al limite dell' area e riesce ad ottenere un calcio di punizione capitalizzato magistralmente da Leo Messi. 2 a 1
Il Barça non vuole morire.
Finisce il primo tempo. Nel secondo le parti si invertono, è il Barça a riacquistare certezze, il canovaccio tattico torna a essere quello che ha caratterizzato gli ultimi anni, palla al Barça. E gli altri aspettano. Dietro la linea del pallone, dopo 5 minuti di noioso e stopposo possesso palla ecco che mascherano verticalizza, scappa sulla linea del fuorigioco Pedro il cui tiro si infrange sul muro chiamato Iker Casillas. Altre 2 occasioni per parte. Ma si è capito subito che il Barça non avrebbe potuto recuperare. Passerella per Modric, pezzo pregiato del mercato madridista. Il mercato ai tempi della crisi,la trattativa è stata degna di nota forse ne avremo modo di parlarne più avanti. Anche questo è il Clasico, e io lo amo.
Sinceramente vostro
Federico
@Fedde_arr

God Save Giuseppe Rossi

El Pepito

Un campione con le quattro frecce e il crociato maledetto: perché Pepito non può tornare in Italia (per ora)
A meno di 24 ore dalla fine del calciomercato estivo l’attenzione delle società del Belpaese, almeno quelle dal buon blasone e dal portafoglio non ancora vuoto, è tutta volta alla ricerca del botto finale, del colpo in grado di eccitare la curva e deliziare i palati fini dei commentatori televisivi e non. In particolare, i più richiesti sono i “bomber”, le prime punte, quei giocatori incaricati di finalizzare le azioni offensive e garantire un discreto numero di gol a fine stagione. Quelli, insomma, che eccitano le tifoserie, fanno scalare le classifiche, rilanciano il merchandising delle società e non infilano troppo il coltello nelle piaghe dei disastrati bilanci italiani.
Eppure a ovest del Mediterraneo, sul versante spagnolo, c’è uno dei talenti italici più cristallini degli ultimi anni che chiede aiuto a presidenti e dirigenti di casa nostra: egli è Giuseppe Rossi, “Pepito” per i fanatici dei soprannomi, la sfortuna fatta calciatore.
Ex bambino prodigio, ma anche ex grande promessa del nostro pallone, il trequartista nato negli States da genitori abruzzo-molisani è infatti intrappolato al Villareal a causa, come ben sapete, di un bruttissimo duplice infortunio al crociato anteriore del ginocchio destro che lo tiene fermo da quasi un anno ( 26 ottobre 2011: Real Madrid-Villareal 3-0), che lo ha già costretto a finire sotto i ferri e che ben presto lo farà tornare nuovamente in sala operatoria.
Un vero peccato, se considerate che “Pepito” con la sua imprevedibilità, il suo dribbling secco e il suo innato fiuto del gol ha fatto le fortune di Parma prima e Villareal sopratutto, portando il Sottomarino Giallo a eccellenti risultati nazionali ed europei (piazza d’onore in Liga nel 2007-08, semifinale europea persa contro il Porto nel 2010-11), impensabili per una cittadina grande poco più di Empoli.
Non solo: Rossi si era fatto apprezzare anche in chiave-Nazionale, guadagnandosi la fiducia di Lippi e del suo successore Prandelli che lo consideravano elemento chiave per segnare e far divertire i supporter tricolori.
Il destino però ha voltato le spalle a “Pepito” e quel maledetto 26 ottobre ha segnato forse definitivamente la sua carriera ancora in rampa di lancio. Oggi Rossi è illogicamente un calciatore della Segunda Divisiòn spagnola (il Villareal, senza di lui, è mestamente retrocesso), la sua quotazione è crollata come i vecchi Bond argentini, adesso siamo tra gli 8 e i 10 milioni di euro solo per quello che ha fatto in passato. Basterebbe poco per prenderlo, curarlo e magari aspettarlo sperando che riesploda nuovamente, ma le italiane non ne vogliono sapere, preoccupate che il suo crociato possa diventare una nota dolente alla voce “uscite” del bilancio.
Il suo procuratore, Federico Pastorello, parla di “ultima occasione sprecata per riportarlo in A” e di una “feroce concorrenza estera per gennaio”. Avrà ragione? Avrà torto? Chissà. Intanto il povero Pepito si guarda la Champions alla TV e in Italia, la sua Italia, ci può andare solo per fare il turista. E pensare che la Juve ha affidato le sue euro speranze a Nicklas Bendtner. Poerannoi.
Simone Sagulo
@SaguReSole

giovedì 30 agosto 2012

DONNE E PALLONI, GIOIE E DOLORI

                                                   

Elena Shtilianov, l' agente/ moglie di Berbatov

La mia opinione personale sulla vicenda-Berbatov...e voglio credere che sia stata la moglie a decidere.... godevetela!
Anche Berbatov cade nella rete delle “wags”: quando le donne hanno più potere degli assegni.
La moglie è croce e delizia del calciatore moderno; e il caso-Berbatov ne è la perfetta riprova. Dispiace battezzare la mia “carriera” di blogger pallonaro con una storia che riguarda un mancato arrivo nella mia squadra del cuore (che non è la Juve, sia chiaro), ma è impossibile non parlare dell’affare di mercato che ha tenuto un’intera città con il fiato sospeso per più di 24 ore, salvo poi rivelarsi una cocente delusione prima e una barzelletta da riderci su poi.
Il buon Dimitar, il cigno dell’Est per eleganza e classe nel giocare a pallone, è l’ennesima vittima delle “wags”, le mogli dei calciatori professionisti che tengono ormai i mariti per le corna, o per la maglietta se preferite. Pare infatti che ci sia la compagna del bulgaro dietro il mancato approdo in Italia dell’ex centravanti dello United: né Firenze né Torino hanno acceso gli entusiasmi della signora Berbatov che ha ripiegato decisamente a favore di Londra, probabilmente immaginandosi già a fare un giro sul London Eye o a fare shopping a Piccadilly Circus. Ed ecco che i milioni della Juve vanno a farsi benedire e di buon grado Dimitar, che cambia idea come si cambia il pannolino a un neonato, accetta il Fulham, consapevole che per un po’ sarà meglio non aprire la propria pagina Facebook, oramai invasa da inferociti tifosi fiorentini, e che l’ultimo treno, anzi aereo, per giocare la Champions League se n’è forse ormai andato.
Già in passato i vari Beckham, Kakà e Shevchenko hanno dovuto discutere a letto, prima di addormentarsi, il proprio futuro calcistico con la loro dolce metà, con cui evidentemente il confronto non regge. La figura delle “wags” assume sempre più potere di trattativa in trattativa: esse sono più spietate di un procuratore, più determinate di Materazzi in scivolata, più irremovibili di un generale delle SS. E guai a non accontentarle: ogni uomo sa com’è difficile far gol tra le lenzuola con una donna che si chiude in difesa.
Dimitar ha sbagliato, certo. Prima di tutto a scegliere il volo: se da Manchester fosse direttamente atterrato a Pisa invece di fare scalo in Germania, adesso non staremo qui a parlare di lui. Poi la mancanza di professionalità e l’accordo-lampo con la Juve lo hanno fatto passare per un mercenario del pallone, come tanti, troppi ce ne sono in giro. Voglio però mettermi anche nei suoi panni: d’altronde la moglie è sempre la moglie, e rischiare di trovare le camicie non stirate e la cena fredda al rientro a casa non è una gran prospettiva per un uomo.
Faccio dunque un appello ai procuratori: signori del calciomercato, la prossima volta che contrattate un giocatore fate due chiacchiere anche con la consorte. Vedrete che vi verrà tutto più facile; voglio concludere inoltre lasciandovi nel dubbio della mia domanda: ma se un calciatore si può comprare in aeroporto, me lo fanno passare come bagaglio a mano o devo metterlo in stiva?
Simone Sagulo 
@SaguReSole